È l’olandese Daan Hoole (LTK) a vincere la decima tappa del Giro d’Italia 2025 di martedì 20 maggio 2025, una cronometro di 28,6 km da Lucca a Pisa. La maglia rosa resta al messicano Isaac Del Toro (UAD).
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Il racconto
Il ciclismo non è solo uno sport, almeno per noi boomers è un’emozione, uno stato d’animo, un passo di gambero nel tempo. Al periodo in cui eravamo cuccioli e non avendo grandi giochi strutturati, e men che mai tecnologici, prendevamo in cucina i tappini delle gassose e altre bibite, o del vino del Cini, il più economico in circolazione, su sui incollavamo bigliettini con i nomi dei ciclisti del momento e li spingevamo in gruppo, in corte, per ore, in mezzo a secchi d’acqua, mastelli colmi di panni bagnati, utensili vari, finché mamma non ci reclamava per i pasti.
Ma il momento migliore era al mare dove arrivavamo con il sacchetto delle biglie comprate per tempo all’edicola dove non c’era solo il nome bensì persino le foto colorate dei corridori, e lì prendeva il via una corsa ben più veloce tra le curve di un percorso tracciato trascinando il più piccolo a serpentina tra le dune. Che botte di sole sulla schiena!
La sera, a letto, ti sentivi bruciare tutto e ti addormentavi ripensando a quei volti con la visiera che avevi spinto per un pomeriggio: Gimondi, Dancelli, Van Loy, Poulidor, Motta, Adorni, Bitossi, Zilioli, Balmamion, Zandegù. Per non parlare del più esagerato di tutti, il detestabile belga Eddy Merckx, il cannibale, che precedeva sempre il mio amato Felice Gimondi che quella volta che si vendicò bruciandolo allo sprint in un mondiale in Spagna esultai a lungo.
Dopo di questi ci furono altri campioni incredibili come Hinault, Moser, Saronni, Ocana, Basso, Pantani, Indurain, Basso, Ullrich, Bettini, ma ormai ero grande, e li seguivo solo su quegli schermi che lentamente, da bianconeri appannati diventavano progressivamente sempre più nitidi e colorati, proprio come le palline della sabbia.
Ora l’interesse generale dei giovani verso le due ruote è scemato. Altri sport più veloci e di squadra prendono il primo posto nei loro interessi. Forse anche perché il nostro Paese non ha attualmente nomi vincenti nei grandi giri in grado di richiamare folle di appassionati. D’altronde da noi il ciclismo ha meno disponibilità finanziarie e vocazioni, la pratica della bici si è globalizzata e nuove nazioni propongono una maggiore e sempre più qualificata concorrenza.
Certo, più la pigrizia sedentaria impazza più questi corridori su due ruote sempre più simili a bolidi di formula uno sembrano degli allegri pazzoidi intenti a seguire miraggi incomprensibili. Rimane, intatto e attrattivo, lo stupore sulla capacità di questa grande macchina organizzativa di riuscire a portare il Giro per tre settimane nei paesi dello stivale un numero incredibile di persone e cose, ricreando ogni giorno, in ogni dove, un villaggio sportivo efficiente, colorato e gioioso. Perché questo è il Giro: una festa. Un momento di fuga dalle brutture del mondo come una favola alla portata di tutti.
Oggi è tornato a Pisa dopo 40 anni e 100 dalla prima volta, lo abbiamo già detto, ed io e i miei amici del bel tempo che fu eravamo lì ad applaudire questa specie di acrobati della fatica che volteggiavano di nuovo sopra i nostri ricordi più belli del periodo in cui eravamo convinti che non saremmo mai finiti fuori tempo massimo e il giorno dopo avremmo continuato la corsa senza problemi.
Pioveva, perché il dio dei velocipedi voleva metterci alla prova ma noi siamo rimasti lì perché era una cronometro e non la solita fiammata che sguscia veloce senza che tu te ne renda conto, e volevamo vederli sfilare uno per uno, questi 171 eroi ciclistici in gara, di cui 46 italiani.
Sotto il diluvio ha vinto un olandese, Daan Hoole (LTK), il cui nome campeggia dovunque, e la stupenda maglia rosa è rimasta sulle spalle di Isaac Del Toro, un messicano senza sombrero e poco interessato alla siesta. Per amor patrio possiamo aggiungere di avere un giovane, Antonio Tiberi, assiso al terzo posto della generale, e contiamo su lui e ben pochi altri per rinverdire gli antichi fasti nazionali.
Ma sono affermazioni dette giusto per conferire un tono sportivo all’assunto, perché il Giro è anche molto altro da sottolineare: cultura del viaggio, pedagogia della fatica, esaltazione della sia pur breve vita comunitaria.
Oggi la carovana parte da Viareggio e arriva in Emilia, a Castelnovo de’ Monti, e si comincia a salire prima dell’apoteosi nelle alte vette dolomitiche e similari degli ultimi giorni e la conclusione trionfale nella Città eterna romana.
Buon viaggio Giro, e grazie per esserci venuto a trovare. Torna presto eh, che se tardi troppo noi gagà stagionati potremmo non vederti più. E grazie di esistere!















