Con ansia abbiamo atteso l’arrivo del Primo maggio, organizzando due macchine dal Nord. Per la festa dei lavoratori si va a Pisa. Ci aspettano. Invano. Maledetta Cisa. Code ovunque e delirio autostradale, dentro, fuori, nella pianura del Culatello e poi per la montagne dei porcini.
Ma dove …zo andate, esplode l’ex playboy della Brianza ormai felicemente accasato. Non l’ho mai sentito in dieci anni dire una parolaccia, capisco allora che non arriveremo dagli amorevoli Pisani che ci schermiscono mandandoci foto di ciò che avevano preparato sul desco. Quasi un pranzo di nozze.
Parte una trattativa serrata sul contenuto dei panini che ci porteranno allo stadio per lenire il nostro dolore. Dicono che se io non mi proclamo antivegano verrò punito per questo. Il mio sarà con la caprese di mozzarella e pomodoro, per gli altri Pata Negra.
Arena Garibaldi-Romeo Anconetani colma colma. In una “città proletaria” e studentesca non si lascia fuori nessuno dallo stadio in una giornata come questa. Forse qualcuno non ha il biglietto ma entra lo stesso. Ci stiamo bene malgrado il caldo e l’impossibilità di acquistare qualcosa da bere in maniera civile. Assolutamente da rivedere tutte le commodities dello stadio. Ingressi, bar, bagni indegni.
Pippo fa anche l’assist e viene acclamato dalla Curva. A Pisa succede solo per chi lo merita, perché ha Pisa
dentro di sé. Negli ultimi 10 anni è capitato solo per D’Angelo e a Masucci.
Il Primo maggio è mancata la ciliegina sulla torta, che sostituiremo con una cozza pelosa cruda altrettanto gradita al “Pescatore”, ristorante hors categorie in quel di Bari. Chi ci ama ci segua. Bona Ugo, forza Pisa!

Due parole su Brescia
Venticinaque Aprile. Depongo le corone a ricordo di chi ci ha reso liberi in giornate come questa e non solo. Non è scontato come sembra. La politica non c’entra.
Trenta per cento di possibilità che piova a Brescia. Le previsioni non quotano gragnuole di grandine però.
Un bel sole ci grazia mentre scorrono sul tavolo le solite imponenti libagioni. Casoncelli e caramelle ai fiori di zucca, zibello, costata con patate al forno. Nulla di indimenticabile. Tutto buono.
Solito refrain con luoghi squallidi e sudici che accolgono gli ospiti (paganti) in uno spicchio dello
stadio indegno di una città che per storia personale amo.
Squadra ostaggio di una proprietà tutt’altro che amata, che non a caso viene insultata per tutta la partita dalla Curva, ormai incurante di ciò che succede in campo. I vicini liguri fanno il solito due a due che non li aiuta. Noi vinciamo senza soffrire malgrado ciò che starnazza il tacchino in conferenza stampa.
Piu forti in tutto. Senza grandine sarebbe finita col pallottoliere malgrado la nuova regola, inventata, che vede l’arbitro andare a consultare il VAR per un fallo comune.
Francesco Fasulo
