Il silenzio è un mezzo importante per stare in contatto con i propri pensieri, giudizi, opinioni. È determinante per comprendere in pieno se stessi, gli altri e il mondo circostante. Che sia così importante lo attesta anche il fortunato modo di dire per cui ”il silenzio è d’oro”. Considerazioni che tornano alla mente dopo aver visto la fortunata opera del drammaturgo e regista Massimo Corevi, anche presidente dell’attiva associazione cascinese LungoFiume organizzatrice dell’evento, nel suo “Il valore del silenzio” andato in scena al Teatro Nuovo di Pisa.
Una scenografia spoglia e ravvivata solo da sporadici elementi ha visto dipanarsi una riflessione articolata sulle difficoltà del mestiere di vivere di pavesiana memoria. L’hanno animata tre personaggi, tre anime solitarie tormentate e intrecciate tra loro, e una famiglia di danzatori. La dottoressa Claudia, interpretata da un’intensa Benedetta Giuntini, alle prese con un altro fallimento sentimentale stavolta punteggiato da una maternità incipiente e difficile da accettare. L’infermiera Pierina, nelle sembianze di una Letizia Pardi come sempre efficace e penetrante, che ci conduce dentro il suo opprimente tran tran familiari privo di sbocchi luminosi. Entrambe lavorano in una casa di riposo dove s’incrociano in Gosto, cui restituisce credibilità e consistenza un attento e preciso Atos Davini.

Questo anziano e anche saggio ospite, immerso in silenzi e ricordi carichi di significato e attese, si dimostra in grado di stabilire contatti e trasmettere un po’ di fiducia alle due donne. Anche se è risaputo a tutti che “del diman non v’è certezza” nella condizione umana. Ne scaturisce, alla fine, una condivisibile riflessione su quella vita adulta in cui ci si ritrova a valutare lo spessore e il risultato delle illusioni giovanili, e in cui la solitudine, con i suoi silenzi gravidi di momenti passati e aspettative ancora pulsanti, diviene un’immancabile e persino insostituibile compagna di viaggio.

Come afferma l’autore “la solitudine è un vizio adorabile, la vera amica fedele” ma poi “accade qualcosa”.
Oltre ai tre ottimi interpreti il palco è stato vivacizzato dalle altrettanto apprezzabili movenze degli ottimi interpreti della Famiglia Danzante, ovvero Irene Cannata con Niccolò Gaggio e la figlia Agnes.
Il silenzio evocato dall’opera e rispettato dal folto e partecipe pubblico durante l’intera pièce è stato interrotto alla fine da grandi applausi volti a sottolineare l’apprezzamento e la condivisione del messaggio ricevuto.
Guido Martinelli
