Ilaria Clara Urciuoli

Il lento lavoro dell’uomo ha forgiato nei secoli la Maremma, tuttavia di questa terra resiste, domata, un’anima selvaggia in cui l’uomo è presenza implicita, non manifesta: la natura vince e con essa il genere umano e la sua storia fatta di etruschi e romani, di longobardi, di repubbliche e ducati in lotta, di presìdi, di transumanze, di donne e uomini venuti a morire e a lavorare, di “pinottolai” e pinete eterne finché non bruciano sotto i colpi del presente, di Aldobrandeschi, Medici, Lorena, di spagnoli e corsari berberi, di una moltitudine di persone semplici chiamati per fame ad affondare gli stivali nello Stige della palude malarica maremmana.

A cogliere il lato metafisico ed eterno della Maremma è il fotografo Giovanni Rossetti, che venerdì 3 giugno alle 16 presenterà nella biblioteca Chelliana di Grosseto il suo ultimo libro dal titolo evocativo “Maremma tra cielo e terra”, edito da Innocenti, che contiene tra gli altri gli interventi dello storico Zeffiro Ciuffoletti e del geografo Leonardo Rombai, entrambi docenti presso l’Università di Firenze.

Il suo è un canto fatto di colori, di allusioni ad un’oltre che congiunge oggetto e soggetto, paziente attesa e obiettivo. Il suo è un gioco aggraziato di presenze celate, di punti di vista non detti, di armonie ed equilibri. Entità dominante la natura fatta di bionde distese di graminacee o di assolati filari di viti, di viali solitari di campagna o di colli di ulivi accarezzati da arbusti fioriti.

Nello spazio ampio della messa a fuoco non c’è rappresentazione umana se non nei paesaggi che ne sono il frutto e nelle rade costruzioni che sono memoria storica di una terra dalla identità netta: ecco dunque che l’anfiteatro romano di Roselle si intrattiene con il nugolo di stelle a raccontare la storia di una ricca città etrusca affacciata sul lago Prile, con mura ben salde (e ancora conservate), che viene sconfitta dalle legioni del console Lucio Postumio Megello che lì, devastate le campagne, cattura più di duemila uomini; ed ecco ancora, sfogliando il libro, l’abitazione dell’ingegnere gesuita Leonardo Ximenes che nella seconda metà del Settecento arrivò a Castiglione della Pescaia per bonificare una zona che aveva visto troppi morti per malaria, la famosa Casa Rossa che dialoga con la Diaccia Botrona (ciò che resta del lago Prile); ed ecco ancora alberi solitari che osservano i campi arati e pronti per la semina oggi come negli anni ’50 del Novecento, quando a Grosseto la città addentava i campi e si espandeva costruendo palazzi accanto ai poderi, come ben si legge nelle pagine de “Il lavoro culturale”, di Luciano Bianciardi.

Giovanni Rossetti ci restituisce questo territorio in un racconto che lo attraversa nelle sue silenziose realtà (dalle ampie pianure coltivate ai dolci declivi, dal Parco dell’Uccellina con le sue fauna e flora protette ai piccoli borghi come Tirli o Buriano, dai gioielli paesaggistici come Pitigliano aggrappata alla sua roccia di tufo fino al mare e a Talamone), in narrazione che si muove su dimensioni diverse (storiche, simboliche, affettive).

Nelle pagine troviamo dunque l’attimo che è riconoscimento e lettura di un’identità, il viaggio che giunge alla radice profonda della Maremma catturata grazie al filtro di una sensibilità colta e coltivata.

Ilaria Clara Urciuoli

Autore

Scrivi un commento