Paolo Lazzari

Bastava collocarsi all’incrocio tra piazza Garibaldi e lungarno Pacinotti, tendere nemmeno troppo l’orecchio e ascoltare: provare a non slacciare un sorriso era un’impresa impervia. Sì perché a Pisa, nei primissimi anni Trenta del secolo scorso, un manipolo di studenti universitari l’aveva combinata grossa. Si erano conquistati una finestra che dava su frotte di passanti (per intenderci, oggi sarebbe collocata proprio sopra a dove fino a poco fa c’era il Bazeel) e da lì spandevano nell’aria botte di comicità e irriverenza, armati soltanto di gracchianti megafoni. Perché “Radio Palle di Ponte”, questo il nome di battesimo affibbiato alla creatura, era un concetto metafisico, più che una vera e propria stazione con fili e antenne.

Prima della seconda guerra mondiale c’era ancora spazio per ridere di gusto. Il pretesto arrivava dallo sberleffo – arguto e pungente – rivolto dagli studenti alla società dell’epoca e alle figure che la popolavano. La redazione, pigiata in un bar di Sottoborgo, esprimeva una quantità di numeri unici gonfi di satira e motti di spirito: i papiri, così composti, venivano poi brillantemente declamati dal proverbiale affaccio, adunando folle di curiosi e attirando l’antipatia di chi inciampava nella iattura di esser vittima designata. Tutto scaturiva dal C.G.S. – acronimo di “Crocchio Goliardi Spensierati – sorto nel 1921 in città. Soltanto un anno dopo emetteva i suoi primi vagiti la “Brigata dei Dottori del C.G.S” e quindi, sospinti da questo illuminato fervore, i nostri decidevano di iniziare le primissime trasmissioni di Radio Palle di Ponte, rigorosamente “live”.

L’esuberanza studentesca durò poco: l’avvento del fascismo inibì la libertà espressiva, anestetizzando i guizzi goliardici, ma la Radio non si spense mai grazie al ricorso ad astuti espedienti (come l’acquisto di una “patente fascista” per le trasmissioni). Subito dopo il secondo conflitto la stazione, che aveva comunque attraversato un periodo tetro e sommesso, venne rispolverata in tutto il suo fulgore. Dopo gli orrori della guerra riaffiorava la voglia di scherzare, anche “senza ponte e senza palle”, come declamavano gli studenti, visto che i bombardamenti avevano grattato via un bel pezzo della Pisa conosciuta e, specialmente, il ponte e le quattro palle di marmo che poi sono state riposizionate.

Gli ascoltatori dovevano “sintonizzarsi” da mezzogiorno all’una, quando era più facile che la piazza diventasse un placido fiume di studenti e lavoratori che uscivano rispettivamente da scuole e uffici. Le risate di gruppo erano solenni e ad un certo punto si decise di trasformare alcune puntate in veri spettacoli, che andarono in scena al Teatro Verdi. Certo non mancò anche chi la prese troppo sul personale: più d’una volta – come riportano le cronache del tempo – i giornalisti di Radio Palle di Ponte vennero visti correre a gambe levate, inseguiti dai bersagli della loro tracimante ironia.

Foto: Piazza Garibaldi negli anni Trenta (Il Popolo Pisano, Fb)

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