Paolo Lazzari

La giornata non è delle migliori. Anche se è il 14 giugno, un cielo d’acciaio minaccia pioggia fitta. Alcune saette fendono già le colline circostanti. Eppure si corre, come si è sempre fatto. La Targa Chiari è una di quelle tappe che non possono mancare nel bagaglio di un ciclista dilettante. Il cognome che si porta appresso in fondo non gli pesa più di tanto: Bartali, d’accordo, come il fratello maggiore Gino. Lui però, che di nome fa Giulio, non si scompone più di tanto. A soli vent’anni è uno dei corridori più prodigiosi che si siano mai visti in Toscana, con sei corse vinte, carichi di complimenti degli addetti ai lavori e, soprattutto, la benedizione del fratellone: “È il miglior dilettante in Italia”, ha sentenziato Ginettaccio.

A vent’anni la vita è ancora un’autostrada a tre corsie e non c’è proprio tempo per incupirsi. Anzi, il paragone ingombrante lo sprona. Pensate che lui è l’unico che – alla faccia dei professionisti – in salita riesce a mantenere la traccia della ruota del fratello. In volata poi lo stacca. Il 1936 è uno di quei crocevia che scandiscono un’esistenza. L’ultimo anno nei dilettanti, prima di passare al professionismo, ruota a ruota con Gino. E allora ne vedremo delle belle, potete giurarci. Giulio non ha paura e, se qualche pensiero tetro prova impudentemente ad insinuarsi, gli basta rammentare quel che è riuscito a combinare nella sua ultima uscita, a Castelnuovo Sabbioni. Dieci minuti di distacco a tutti e tanti saluti alla compagnia. Il fratellone indossa la maglia rosa? Lui trionfa a Pistoia, Sansepolcro e Sinalunga. La sua è una stella pulsante che attende soltanto di infilare l’affondo giusto per irradiare luce costante.

Il tempo è infame, ma questo si era già detto. Giulio sale sui pedali e macina metri, ma deve fare i conti con un imprevisto quando il cambio si guasta e perde gradualmente terreno. Nel tentativo di recuperare moltiplica gli sforzi e raggiunge il gruppo divorando crinali sdrucciolevoli. Le cosce sono sul punto di esplodere, il cuore trilla in petto, gli occhi si venano di sangue: è proprio in queste situazioni che viene fuori il campione. Serve un punto di rottura. Superato quello, la corsa diventa una questione da consumare placidamente, cullata dalla consapevolezza della vittoria imminente. Giulio Bartali supera tutti quanti e si mette a ruota dei primi, Corsini, Bernacchi e Corsinovi. Adesso si tratta soltanto di sprintare verso l’ennesimo successo, uno degli ultimi in questa categoria. Poi ci sarà da dare battaglia a pesci più grandi, suo fratello compreso. La vita però sa essere più infame del meteo, a volte.

La pioggia continua a scalfire la strada senza sosta. Il terreno è sempre più viscido. Ad una curva, nei pressi di Osteria Nuova, un’automobile sale rapida, incurante dei segnali di stop accuratamente distribuiti dagli organizzatori della corsa. Spunta all’improvviso, parandosi di fianco alla testa del gruppo. I primi due fanno appena in tempo a passare ma Giulio, che è il terzo in questa fila, viene investito in pieno. Un colpo tremendo all’altezza del cuore e del torace. Costole che vanno in frantumi. Una corsa disperata in ospedale, a Santa Maria Nuova. Allertato, Gino corre sul posto e trova i medici che tentano disperate trasfusioni di sangue. Dona anche il suo, ma non basta. Il giorno dopo gli dicono di riportarlo a casa, che non c’è più nulla da fare. Giulio morirà a soli vent’anni. “Quella è stata la cosa più tremenda della mia vita: passammo dalla gioia più grande al dolore più cupo, inaspettatamente”, dirà in seguito Gino nella sua biografia “Tutto sbagliato, tutto da rifare”.

L’altro Bartali, Giulio, rimarrà un pensiero irrisolto: cosa sarebbe potuto diventare, se il destino fosse stato più indulgente, non lo sapremo mai.

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