Tommaso Giacomelli

La Fiorentina non giocava al Pierluigi Penzo di Venezia dal 2002, quasi vent’anni fa, e in quella occasione perse la sfida per 2 a 0. Nella stagione 1998/1999 la Viola campione d’inverno di Trapattoni, lanciata verso la corsa scudetto, subì una cocente sconfitta per 4 a 1 contro gli arancio-nero-verdi, affondando sotto le cannonate di Alvaro Recoba e compagni. Tutto questo preambolo è necessario per ricercare un qualche appiglio storico alla dolorosa battuta d’arresto nella laguna veneziana degli uomini di Italiano.

Le attenuanti, tuttavia, stanno a zero. Nonostante le parole del tecnico gigliato alla fine della gara – il quale ha mostrato un eccessivo ottimismo – sono pochissime le cose che si salvano della prestazione offerta dalla Fiorentina al cospetto dei lagunari. Nervosa, impacciata, mai pericolosa nell’area di rigore avversaria, tanto che Romero ha finito la partita senza aver sporcato i guantoni, la Fiorentina ha portato avanti un palleggio sterile e rispetto alle altre sconfitte della stagione, non ha mostrato coesione e voglia di lottare. D’altro canto il Venezia ha stupito per la facoltà di corsa, per la precisione tecnica delle giocate e per un desiderio di portare a casa i tre punti, che sono stati sufficienti per infierire ai toscani un tonfo inaspettato.

A onor del vero Vincenzo italiano questa volta ci ha messo del suo. Finora l’ex allenatore dello Spezia aveva stupito tutti quanti, ottenendo meritatissimi elogi da parte di addetti ai lavori e non, ma stavolta ha peccato di superbia. La Fiorentina è scesa in campo con una formazione inedita negli interpreti, adottando una sorta di turnover che non ha pagato. Stavolta la magia del “chiunque va in campo fa bene” non c’è stata. La prestazione di Ambrabat in mediana a impostare il gioco, al posto dei sudamericani Pulgar e Torreira, è stata degna della passata stagione, così come l’apporto fornito dalle due ali offensive Callejon e Sottil. Il primo mai incisivo e il secondo testardo e soprattutto nervoso, tanto da farsi espellere lasciando i suoi compagni in dieci uomini.

La lezione di Venezia insegna che la Fiorentina non può rinunciare a cuor leggero ai suoi titolari, ma soprattutto non può prescindere dal suo centravanti, Dusan Vlahovic. Il polverone sul rinnovo contrattuale del serbo ha avuto il suo contraccolpo il campo, tanto che il numero 9 gigliato è sempre meno presente in campo e incapace di fare la differenza. Imbrigliato dalla difesa veneziana, Vlahovic si è reso protagonista di un solo tiro pericoloso finito a lato della porta di Romero. Al termine della gara, il giovane centravanti si è beccato anche dei sonori fischi dagli 800 tifosi viola giunti al Penzo, venendo difeso da Biraghi e Venuti. Una situazione che fa male al gruppo e che abbatte il morale della squadra, che sembrava vivere nell’armonia più assoluta fino a pochi giorni fa.

La spia su una situazione ambientale tesa è accesa, non è ancora in zona di pericolo, ma sarà necessario lo sforzo di tutti per ritrovare la strada che aveva riacceso la passione e l’entusiasmo di una città intera. L’obbligo è quello di non rompere il bel giocattolo costruito fino a ora, sarebbe un vero delitto.

 

Foto: Maurizio Lagana/Getty Images (ilGiornale.it)

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