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Francesco Maria Messina, il design tra arte contemporanea e scultura

- Cultura, Interviste
28 Giugno 2021

Le opere di Francesco Maria Messina hanno raccolto consensi unanimi alla VENICE DESIGN BIENNIAL di Venezia, curata da Francesca Giubilei e Luca Berta, che si è conclusa lo scorso sabato 26 giugno. L’artista pisano espone già nella prestigiosa Galleria Rossana Orlandi (a Milano e Porto Cervo) e nelle sedi di Parigi e Cannes della Galerie des Lyons. Formatosi in Francia, con una vasta esperienza internazionale (Stati Uniti, Africa e Mauritius), per le sue opere trae ispirazione dall’osservazione attenta della natura.

Dopo una lunga esperienza all’estero è tornato in Italia e ha fondato la FMM Design Studio in Toscana. Di cosa si occupa principalmente?
FMM si occupa di Design da collezione che è l’opposto rispetto al product design, concettualmente molto diverso e che non escludo, in futuro, di poter considerare. I miei prodotti si rivolgono a gallerie d’arte o a clienti privati che collezionano pezzi particolari e speciali. Si tratta di un design, al confine tra l’arte contemporanea e la scultura. Hanno comunque una funzionalità pur essendo oggetti unici.

La sua formazione internazionale spazia da Parigi agli Stati Uniti, dal Camerun a Mauritius. Qual è quella che ritiene l’abbia ispirata di più?
Sono formazioni tutte molto diverse. Diciamo che la Francia è stata alla base di tutto, a partire dai miei studi all’università: ho studiato architettura e mi sono specializzato in urbanistica. L’approccio dei miei maestri (l’archistar Odile Decq e Matteo Cainer, ndr) mi ha dato la libertà di essere creativo e la possibilità di aprirmi professionalmente ad altre strade. Tra l’altro non avevo mai pensato di fare il designer. L’esperienza a Mauritius, invece, è stata decisiva perché è lì che ho iniziato a fare design, disegnando ben 6 collezioni per un totale di quasi 25 pezzi in soli 2 anni.

Ci parla delle sue opere esposte a Venezia?
Si tratta dei primi due pezzi di una serie su cui sto lavorando, che intende far parlare dello scioglimento dei ghiacciai, un tema che mi sta particolarmente a cuore. Tra l’altro quest’anno anche la Biennale di Architettura se ne occupa. Coi miei due pezzi rappresento i ghiacci e lo scioglimento, a partire dalle forme. Con il tavolo, ad esempio, cerco di rappresentare la minima estensione del ghiacciaio in estate. Lo specchio, invece, richiama la forma del più grande iceberg mai staccatosi, il B15A. Importante è anche l’uso del materiale. Ho scelto come base l’alabastro, che trovo perfetto per questo scopo. C’è poi un discorso importante da fare dal punto di vista tecnico e artigianale.

Prego, dica pure…
I due pezzi esposti a Venezia hanno richiesto una notevole tecnica per la loro realizzazione, a partire ad esempio dalla scelta del blocco di alabastro, che poi è stato svuotato e ricomposto. Fortunatamente ho trovato dei bravissimi artigiani, a Volterra, che mi hanno permesso di realizzare quello che avevo in mente. L’inizio non è stato facile, quando mi sono presentato chiedendo loro di voler realizzare un iceberg, alcuni non riuscivano a capire e mi rispondevano così: “Non sono cose che facciamo, noi scolpiamo cavallini, o altre forme…”. Ma io non cercavo di fare una scultura. Per questo il sostegno di Alessandro Volta, presidente del Consorzio comunità alabastro è stato cruciale.

I suoi traguardi sono frutto del suo lavoro e delle sue capacità. C’è qualcuno che vorrebbe ringraziare?
Questo mio percorso è reso possibile grazie alla collaborazione con “Artelegno coop” di Pisa (Carlo, Bruno, Agatino e Fabio) e della Contini design di Perignano, oltre che a Daniele e Roberto dell’azienda BMB di Lavoria, tutti bravissimi artigiani del territorio che hanno la pazienza e la capacità di trasformare le mie idee in creazioni particolari e talvolta complesse. Poi sento di dover ringraziare i miei genitori, che mi sostengono sempre.

 

Cosa mi può dire del suo legame con la Toscana e con Pisa?
A Pisa sono nato e ho vissuto fino a 16 anni. Rientravo sempre durante le vacanze, e questo lo considero un privilegio, potendo godere appieno di tutte le bellezze e opportunità che la nostra terra può offrire. Dall’anno scorso a causa della pandemia ho deciso di aprire uno studio in Italia. Il legame con Pisa è sempre stato ambivalente: da un lato la considero un po’ come la mia Itaca, con il desiderio di tornare quando sono lontano e la fatica, ogni volta, a ripartire. Devo ammettere che qualche volta mi sta un po’ stretta, anche se le potenzialità sono enormi.

Che cosa l’ha spinta, dunque, a tornare in Toscana?
Il fatto che offre un’artigianalità e un savoir-faire eccezionali. Anche quando ero a Mauritius avevo diverse ditte di riferimento toscane che mi fornivano i materiali di cui avevo bisogno, dal marmo di Carrara alle pelli di Santa Croce, al bronzo di Pietrasanta e molto altro ancora.

 

Progetti futuri?
Non escludo di iniziare a collaborare con aziende di design. Ce ne sono diverse, molto valide, con cui mi piacerebbe iniziare a collaborare. Per il momento mi trovo molto bene a Pisa, che tra l’altro in poco tempo permette di essere ovunque, grazie alla sua posizione strategica. Un domani si vedrà, tra Milano, Parigi o altri luoghi…

Ci può spiegare come nasce una sua opera? Si mette davanti a un foglio bianco e inizia a prendere appunti oppure c’è un altro sistema?
La natura è la mia fonte di ispirazione più forte. Quasi sempre le idee vengono dall’osservazione diretta di elementi e fenomeni naturali durante delle escursioni sia in montagna che al mare. Mauritius in questo è stato il posto perfetto data la molteplicità degli ambienti naturali che presenta: dalle spiagge coralline ai boschi dell’interno dell’isola, passando dalle formazioni rocciose dei basalti colonnari delle cascate. Lo stesso vale per la flora locale così rigogliosa e ricca di colori e forme. L’infinita varietà di paesaggi offerta dall’Italia è per me un’inesauribile miniera di idee e concetti. La geologia stessa del nostro paese offre infiniti spunti, dai vulcani della Sicilia, ai ghiacciai alpini passando per le stratificazioni rocciose dell’ardesia delle Cinque terre, ecc. Con i miei pezzi racconto sempre una storia che è il frutto di uno studio, di un’intuizione, di un qualcosa che mi ha colpito o di un tema a me molto caro, come appunto il riscaldamento globale.

Cosa mi può dire dei materiali che utilizza?
La ricerca formale e materica è molto importante dal momento che quasi sempre il materiale di un mio pezzo design è espressione stessa del concetto che lo ha ispirato. Per esempio guardando un blocco di marmo grezzo, e vedendone la somiglianza ad un mucchio di neve, ho iniziato a pensare alla collezione Glacies… In seguito l’intuizione iniziale passa ad uno stadio più formale nel quale amo eseguire delle bozze disegnate a mano, prima di sviluppare i disegni esecutivi in 3d al computer nel caso dei pezzi più complessi, come per il mobile Pirite, della nuova collezione Mineralia, che presenterò presto.

 

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Giornalista.

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