Mio nonno Beppe spesso annacquava il vino. Un po’ ci ridevo, poi pensavo: o non è buono oppure con l’acqua crede gli faccia meno male. Vallo a sapere. A volte, con mia grande sorpresa, vedevo che ne metteva un po’ nel brodo, e si divertiva a vedere la mia faccia. Diceva che era buono e che, una volta, “si faceva così”. Quando ho letto l’ultima trovata dell’Unione Europea mi sono venute subito in mente quelle scene della mia infanzia. Solo che, guardando all’attualità, c’è poco da ridere. Veniamo subito al dunque: in base alla nuova Politica agricola comune (Pac), in vigore dal gennaio 2023, potrebbe essere ridotta (o addirittura eliminata) la quantità di alcol presente nel vino. Sì, avete capito bene, vino con meno alcol. E come? Annacquandolo. La sparizione dell’alcol toccherebbe solo al vino da tavola, mentre quello a denominazione potrebbero essere allungati, per ridurne la gradazione. La decisione finale non è stata ancora presa, ma il rischio c’è: se ne parlerà di nuovo nei negoziati che si terranno a fine maggio.

Chiediamoci subito perché si debba arrivare a tanto: meno calorie, necessità di aprire a nuovi mercati (un vino analcolico potrebbero berlo anche i musulmani), necessità di adeguare le produzioni ai cambiamenti climatici. Sarà, a noi pare una bestemmia. Fate pure tutte le bevande che volete, ma lasciate stare il vino. Un vino senza alcol non è vino, inutile girarci intorno.

Non possiamo che condividere quanto ha dichiarato a La Nazione Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi: “Mi sembra di essere su Scherzi a parte, è una proposta inaccettabile. Una follia, il vino è una cosa seria. Aggiungere acqua significa insultare la sua cultura, le origini, il territorio, la stagionalità. Mi auguro che i parlamentari italiani a Bruxelles si oppongano”.

 

Foto: Pixabay

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