Barbara Cialdi

Ambientato in Toscana, il regista Jacopo Quadri racconta in un documentario la storia di una anziana contadina, Ultima Capecchi, che oggi ha 86 anni. Una vita scandita dal lavoro, iniziato a cinque anni portando le pecore al pascolo in Maremma, a Sovana, nel grossetano. Proseguita con la gestione di un negozio e poi con la cura dell’orto casalingo, due soli anni scolastici frequentati ed un destino segnato dalla supremazia degli uomini, mariti, padri e fratelli.

Ultima Capecchi spiega con sincerità e senza rancore cosa è stato il patriarcato nella società contadina del primo Novecento nel nostro Paese, nel suo caso nella Toscana più profonda, quel patriarcato che dava regole terribili, ferree ed inappellabili: una “legge” vera e propria, come più volte sottolinea la donna. È seria, elegante e fiera la signora Ultima, ma se tornasse indietro avrebbe voluto aiutare le altre donne a non farsi più sottomettere. Un ritratto, violento ed arrogante della società patriarcale, che per secoli ha considerato mogli e figlie individui non dotati di autonomia ma proprietà privata dei maschi di famiglia.

Generazioni di donne sono andate in spose giovanissime a uomini dei quali divenivano schiave, mariti padroni che le consideravano di loro proprietà, disposti a disertare la guerra (la Grande Guerra, nello specifico del racconto di Ultimina) per picchiare la moglie sospettata di tradimento, maschi che tradivano in maniera regolare le proprie mogli, portando in casa altre donne, nella totale accettazione domestica.

Ultimina, moglie a 17 anni, dopo essere stata costretta dal padre a far pascolare il gregge invece che andare a scuola, scortata continuamente dal fratello maggiore, che decideva con chi poteva parlare, passeggiare o ballare alle feste, nel 1949 è già una donna emancipata rispetto alla suocera: “A me nessuno si è mai permesso di mettermi le mani addosso”, dice con un sorriso all’obiettivo della macchina da presa. Per altre donne prima di lei questo non accadeva e spesso erano oggetto di vessazioni, attacchi sessuali ed atteggiamenti violenti.

Stuoli di contadine bambine sono state per secoli violate, abusate, sopraffatte, mantenute in uno stadio di semi-analfabetismo perché non scoprissero altre possibilità all’infuori di quella che stavano vivendo. Senza istruzione e senza indipendenza economica non avevano scelta né via di fuga. Perché lunga e tortuosa è stata la strada dell’empowerment (conquista della consapevolezza di sé e del controllo sulle proprie scelte, ndr), una strada ancora lontana dall’essere giunta a compimento. Basta scorrere qualche data: il suffragio femminile risale al 1945, il delitto d’onore e il matrimonio riparatore sono stati aboliti nel 1981, la Convenzione di Istanbul è stata votata in Italia nel 2013.

Ultimina è una storia da vedere: discreta, la macchina da presa di Jacopo Quadri, che raccoglie la vita di Ultima attraverso la sua testimonianza pacata, con l’aiuto delle tante fotografie che hanno segnato la sua vita. Una donna forte ed autentica, delicata e sensibile che ancora oggi vive vicino a Sovana, sesta di sette figli, ha attraversato il Novecento senza smettere mai di lavorare e non si è mai ribellata. Si pente Ultima, avrebbe voluto possedere più coraggio. La sua storia è uno spaccato di realtà, crudo e realistico.

Il regista è celebre per i suoi lavori al montaggio (tra le sue collaborazioni celebri, quelle con Bernardo Bertolucci, Mario Martone, Gianfranco Rosi, Marco Bechis, Paolo Virzì, Zhang Yuan, Apichatpong Weerasethakul, per citarne alcuni). Vincitore del Premio Corso Salani al Trieste Film Festival 2021, Ultimina è stato presentato in concorso all’International Documentary Film Festival IDFA di Amsterdam. Il film è disponibile in esclusiva su MioCinema.

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