Paolo Lazzari

Riapertura degli esercizi di ristorazione? In mancanza di direttive chiare non conviene. Questa, almeno, la posizione espressa da diversi storici esercenti del Comune di Lucca, dentro e fuori dalle mura, circa la possibilità di issare nuovamente su le saracinesche durante la “fase 2”. Nella città murata l’amministrazione comunale ha deciso di fare le cose in grande per replicare ad una crisi inedita sotto ogni profilo: una pioggia da 12 milioni di euro di aiuti per le categorie più deboli, i commercianti, gli autonomi, sotto forma di contributi, detrazioni e sospensioni delle tasse da pagare. Via l’imposta sul suolo pubblico, abolite temporaneamente le Ztl, parcheggi gratuiti in centro e via dicendo. Provvedimenti lodevoli, secondo l’opinione generale, ma che rischiano di non concretizzarsi in assenza di indicazioni nitide da parte della Regione Toscana o del governo, circa le modalità di ripresa.

“Possono anche regalarci tutto – commenta Samuele Cosentino, titolare dello storico ristorante Gli orti di via Elisa ed esponente di spicco di Confcommercio Lucca – ma se poi non abbiamo clienti a cosa serve? Interroghiamoci sul consumatore tipo: togliamo i turisti stranieri e quelli italiani. Restano i lucchesi: da essi andiamo a detrarre coloro che hanno perso il lavoro, quelli che non hanno ancora ricevuto la cassa integrazione, gli autonomi che ancora attendono i 600 euro. Quanta gente credete che rimanga per andare a cena fuori la sera?”.

Un altro tema cruciale, fino ad oggi dribblato dalle istituzioni, è quello inerente ai nuclei conviventi: “In assenza di una normativa – specifica Cosentino – persone che condivido gli spazi di casa si troveranno a dover produrre un’autocertificazione per sedere allo stesso tavolo”. La distanza è un altro motivo di riflessione: “Un metro e ottanta è decisamente troppo, la gente viene al ristorante per il buon cibo e la convivialità, non per urlarsi”.

Non solo: riaprire durante l’ormai attesa “fase 2” implica, anche seconda la prestigiosa “Buca di Sant’Antonio” – crocevia inevitabile per protagonisti del Jet Set e personaggi istituzionali in visita a Lucca- spese che potrebbero non valere la candela. “Considerate – commentano i titolari – che sulle nostre spalle graverà il costo del personale, quello delle sanificazioni, l’acquisto di Dpi per dipendenti e clienti, le consulenze sulla sicurezza per non incorrere in sanzioni: tutto questo, a fronte di un numero di clienti che crollerà. Perciò ci conviene rimanere chiusi e continuare a fare delivery e take away, almeno fino a quando non sarà davvero possibile tornare a lavorare sul serio”.

Già, ma come stanno andando le consegne? Mentre il delivery ha preso piede da 3/4 settimane, l’asporto – reso ufficialmente possibile dalla Regione il 24 aprile – stenta a causa di scetticismi e carenza d’informazione. “Le consegne a domicilio funzionano abbastanza – rileva Eleonora Cardullo, della storica pasticceria Buralli, un locale in centro città ed uno alle porte di Lucca – ma il take away non ci convince. Siamo costretti a tenere aperto per una manciata di ordini e, a chi viene, non potremo nemmeno offrire i prodotti del banco. Il servizio bar resta annientato: a queste condizioni tanto vale continuare con la sola consegna a domicilio”.

Spostandosi vicino allo stadio, al ristorante Contantoamore provano a rimanere ottimisti: “Bisogna continuare a stringere i denti – dice Agnese Giorgetti, la titolare – per non vanificare quanto di buono è stato fatto fino ad oggi. Noi continuiamo ad avere molto lavoro nel fine settimana: il take away è partito, anche se a rilento, ma è il delivery a prendersi quasi tutta la scena”.

La galassia della ristorazione lucchese – e non soltanto – per il momento tiene botta, restando in fervida attesa di provvedimenti chiari, capaci di restituire ossigeno ad attività sfibrate dai fatturati in picchiata.

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