Il gip del tribunale di Pisa, Donato D’Auria, ha deciso: Giacomo Franceschi resta in carcere. Il 37enne di Calci è accusato di incendio boschivo e disastro ambientale. Il procuratore Alessandro Crini ha spiegato che Franceschi “ha fornito una sorta di ammissione di responsabilità con riferimento però ad un’ipotesi di incendio colposa. Dal nostro punto di vista il quadro indiziario è invece grave e dimostra la volontarietà del gesto. È stato lo stesso Franceschi – ha spiegato poi Crini – ad ammettere che da quel pezzo di carta acceso e gettato per terra possa essere partito il rogo. Ha anche ammesso di aver buttato via l’accendino, una volta resosi conto dei suoi gesti”.

Nell’interrogatorio avvenuto poco prima del fermo Franceschi ha ammesso di essersi recato sul Monte Serra, ma solo per controllare la situazione per l’allerta maltempo, nell’area in cui una decina di giorni prima c’era stato un incendio. Ed ha anche detto che aveva con sé un accendino, quella sera, e di averlo utilizzato per bruciare dei fili di una cucitura della tuta della protezione civile. Ma ha ribadito di non essere stato lui a dare fuoco al monte.

Nell’udienza di convalida Franceschi ha preferito non parlare (facoltà prevista dalla legge). Il gip ha accolto la richiesta della procura di Pisa e ha deciso che il volontario della protezione civile resti rinchiuso nel carcere Don Bosco di Pisa.

Decisive, nella scelta del gip, sarebbero state alcune contraddizioni e incongruenze nei racconti dell’uomo (con un buco di due ore ancora da chiarire). Il nome di Franceschi era finito fin da subito in una rosa di sospettati, redatta dai carabinieri forestali. A inchiodarlo sarebbe stato il cellulare (e la cronologia di Google Maps), che hanno “immortalato” la sua presenza sul Monte Serra, poco prima dell’incendio, e i suoi spostamenti.

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