Paola Viegi

A casa mia il presepio si faceva sempre prima dell’albero. Il mio babbo usava il suo tecnigrafo per costruircelo sopra ed una minuzia certosina per allestirlo. Ho un ricordo lucidissimo delle casine illuminate dalle luci, la capanna con Gesù bambino rigorosamente nascosto fino alla mezzanotte della vigilia, il muschio vero che andavamo a raccogliere a San Rossore, la farina per definire i sentieri, il ruscello di carta celeste e soprattutto le statuine. Ne avevamo un centinaio, tutte in terracotta dipinta a mano dai maestri artigiani della Garfagnana.

Il presepio è nella mia famiglia, il primo simbolo del Natale. Perché Natale significa prima di tutto Natività di Gesù. Il nostro Paese è stato la culla del presepio, fu ideato da San Francesco proprio per celebrare la sua venuta. È un racconto efficace di ciò che avvenne oltre duemila anni fa nella lontana Palestina. Credo nell’importanza del suo significato simbolico che dovrebbe andare oltre le appartenenze etniche, religiose e ideologiche.

In un’Italia che ha come santo patrono Francesco d’Assisi, non ci dovrebbe essere bisogno di imporre l’allestimento del presepio nei luoghi pubblici e nelle scuole. Ci vorrebbe solo più coraggio da parte di tutti noi e soprattutto delle famiglie, nel chiedere che questo simbolo venga inserito come offerta educativa degli istituti scolastici e come buona consuetudine nei luoghi pubblici, perché la nascita di Gesù è e sarà sempre un avvenimento di rilevanza universale.

Paola Viegi

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