Se gli chiedete che lavoro fa vi risponde che ne fa due. Non è uno scherzo, è la verità. E gli piacciono entrambi. Uno è il frutto dei suoi studi in Ingegneria, l’altro è il punto di arrivo di una passione, che poi ha perfezionato con un diploma. Tommaso Giuntini vive a Parigi e si trova bene, anche se Pisa è sempre nel suo cuore e ci torna appena può. In questa intervista a L’Arno.it ci racconta un po’ della sua vita e delle sue passioni…
Da quanto tempo vivi lontano da Pisa?
Dieci anni ormai
Come ti trovi?
Come in ogni esperienza ci sono aspetti positivi ed aspetti negativi; se metto tutto sulla bilancia, direi bene, altrimenti sarei partito da qui.
Ci puoi parlare un po’ del tuo lavoro?
Ne faccio due di lavori, a dire il vero. Sono ingegnere alle ferrovie francesi (SNCF) e fotografo. Per quanto riguarda il primo, dopo essermi occupato della manutenzione delle infrastrutture e dei grandi cantieri di rinnovamento, attualmente sono in Direzione e mi occupo di gestione progetti in fase concezione.
Quando hai iniziato a fare foto? E quando come professione?
Ho iniziato una quindicina di anni fa, con la macchina fotografica “a rullino” di mio padre. Ho continuato poi a fasi
alterne, fino a qualche anno fa: al matrimonio del mio migliore amico ho sentito il desiderio e il bisogno di scattare con più regolarità, di dedicare più tempo ed un impegno più assiduo. Nel 2016 ho iniziato una scuola qui a Parigi, per poter ottenere un diploma; da quel momento, oltre ad essere una passione, quella della fotografia è diventata anche una
professione.
Hai fatto altre esperienze prima, altri lavori o città in cui hai abitato?
Sono venuto a Parigi per lo stage della tesi, e ci sono tornato appena laureato; oggi sono ancora qui.
Cosa ti manca di più di Pisa? Hai ancora parenti lì? Ogni quanto ci torni?
La lista sarebbe lunga, ma direi dalla semplicità degli incontri alla sensazione di essere sempre “accompagnato”, dalla famiglia agli amici, dalla posizione geografica (con il mare vicinissimo!) alla bellezza dei Lungarni e degli angoli nascosti del centro storico, dall’atmosfera di casa alla spontaneità. Tutta la mia famiglia è a Pisa, fratello, genitori nonna e zii. Torno più o meno una volta ogni due mesi, a volte anche solo per un fine settimana.
Mi diresti un pregio dei pisani?
Non mi piace molto generalizzare, ma se dovessi scegliere un pregio direi la genuinità.
Come te la cavi in cucina?
Quando non vivi più vicino a mamma e nonne varie, devi imparare a cavartela. Cucino molto volentieri, mi aiuta a staccare dalla frenesia dei ritmi parigini. I piatti preferiti sono tanti e assai diversi da loro: qui ho imparato
ad apprezzare cucine e sapori, anche molto lontani dai nostri, che prima non conoscevo.
Sei tifoso del Pisa?
Che domande!
Ricordi la prima volta all’Arena Garibaldi?
Non mi ricordo né la partita, né il risultato; mi ricordo la sorpresa di arrivare in tribuna coperta tenendo per mano il
nonno, minuscolo di fronte alla grandezza dello stadio.
Il giocatore del Pisa che ti è rimasto nel cuore?
Di giocatori ce ne sono tanti, troppi: Genevier, Ciotola, Lisuzzo, Raimondi, Castillo, Buzzegoli, Cerci, Avogadri… ho avuto la sua maglia dopo una rocambolesca trasferta a Salerno, partendo da Parigi.
E la partita che non dimenticherai mai?
A parte quelle vissute allo stadio, direi la finale playoff del 2016, il 12 giugno: Radio Bruno sul computer, partita in streaming alla televisione. Solo in casa, a Parigi: al gol di Eusepi urla e lacrime, anche sul balcone sotto la pioggia. Il vicino è venuto a suonarmi per controllare che fosse tutto a posto.
Facciamo un gioco: mi dici la prima cosa che faresti se venissi eletto sindaco di Pisa?
Altra domanda difficile, anche perché non vivendoci da dieci anni, ho difficoltà a rendermi conto dei problemi reali, immediati; ogni volta che torno vivo tutto con un po’ di sorpresa e senza i vincoli del quotidiano lavorativo. Detto questo, penso che si dovrebbe valorizzarla di più, renderla più interessante per chi ci vive e per chi viene da fuori, più accessibile, più pulita.
Sogno nel cassetto/progetti futuri?
Sogni tanti. Progetti anche, a dire il vero: fra i tanti direi costruire una famiglia, capire che posto dare nella mia vita alla fotografia, tornare ad avere un’attenzione particolare all’altro.