In democrazia ognuno ha il diritto di esprimere la propria opinione. Per questo ha fatto bene l’Ordine degli Architetti di Pisa a dire la sua sul progetto di riqualificazione dello stadio Arena Garibaldi-Romeo Anconetani. Giusto tenere conto delle preoccupazioni espresse. Non ci sembra, tuttavia, che nei progetti della proprietà del Pisa ci sia l’intenzione di cementificare a tutto spiano, stravolgendo un quartiere che, a dire il vero, presenta già non pochi elementi di criticità. Serve buon senso. E bisogna tenere conto che una città può mutare nel tempo, adeguando le proprie strutture e i propri spazi, con intelligenza e lungimiranza.

A Londra hanno buttato giù e ricostruito lo stadio di Wembley, che di storia ne aveva da vendere. E l’hanno ricostruito di sana pianta. Nessuno si è strappato i capelli. Nel Regno Unito è possibile, in Italia no. Ma questo è un altro discorso. Per restare alla nostra realtà italiana, cerchiamo di non perdere mai di vista gli obiettivi e le esigenze dei cittadini (sportivi compresi). E, per onestà intellettuale, ammettiamo che la proprietà del Pisa calcio si è sempre mossa, in questi mesi, in perfetta sintonia con gli amministratori comunali: sindaco e assessori competenti in primis. Prova, questa, dell’assoluta buona fede e volontà di fare bene il proprio dovere. Nell’interesse del Pisa e della città.

Il comunicato dell’Ordine degli Architetti

“Il progetto di riqualificazione dello stadio comunale di Pisa si pone in un delicato contesto urbano limitrofo alla cinta muraria, a piazza del Duomo e a un non trascurabile contesto residenziale. Si prevede in un’area per la quale il Comitato del Patrimonio Mondiale UNESCO nella sessione del 23 giugno/ 2 luglio 2007, con la Decisione n. 31 COM 8 B 61 punto 3, ha invitato lo Stato Italiano ad allargare le misure di protezione per la zona a Nord e a Ovest del sito iscritto. Misure che, essendo parte di un Piano di Gestione UNESCO, devono essere poste alla base di una pianificazione urbanistica e paesaggistica, informata alle metodologie di tutela monumentale e ambientale, di cui Pisa necessita da troppo tempo. Con il progetto di cui si legge in questi giorni, un’ampia porzione di città già sottoposta a fruizione fuori scala, subirebbe trasformazioni e modifiche del carico urbanistico tali da compromettere ogni prospettiva di qualità residenziale e urbana. Un intervento così rilevante per le tematiche di fruizione, sportiva, qualitativa e di vita di questa città, merita un dibattito aperto di tipo urbanistico su prospettive di valorizzazione a lungo termine; merita un serio concorso di architettura su basi pianificatorie oculate, quale strumento di garanzia di partecipazione e di qualità.

Riteniamo, come Ordine degli Architetti, che sia necessario e urgente, favorire sempre l’individuazione delle migliori e più innovative soluzioni di carattere urbanistico e architettonico attraverso una corretta procedura concorsuale e partecipativa. E’ d’obbligo ricordare all’Amministrazione Comunale di Pisa, così come a tutti gli altri Enti pubblici che “L’elaborazione dello studio unitario di riordino, così come la progettazione dei sub ambiti, siano affidati ai sensi dell’art. 23 del D. Lgs. 18 aprile 2016 n. 50 tramite lo strumento del concorso in quanto ambito di particolare rilevanza sotto il profilo architettonico, ambientale, paesaggistico nonché tecnologico”. E come Architetti, ma soprattutto come membri di una collettività, pensiamo che ogni trasformazione urbanistica e architettonica sia occasione di riqualificazione, di miglioramento della qualità urbana e dei servizi. L’interesse per la nostra città chiede un impegno all’Amministrazione: l’avvio di adeguata pianificazione e la promozione di procedure concorsuali, che valorizzino la partecipazione dei cittadini e il confronto tra progettisti, al fine di garantire qualità nei processi di rigenerazione della città. L’Architettura non è solo “poesia”, ma relazione con un luogo e apertura al paesaggio, ai materiali, ai sistemi costruttivi, agli usi, alle persone che occuperanno l’opera costruita. Nel nostro paese è latitante il lavoro architettonico di qualità.

I nostri ritmi vitali ci stanno abituando ad un’architettura lontana dalle persone, che segue solo ipotesi speculative con conseguenze terribili sul territorio, sulla società, sulla salute e sull’economia stessa dei luoghi, con inimmaginabili costi sociali e qualitativi della vita. Occorre restituire dignità al tempo, al nostro spazio, all’Architettura; occorre recuperare la capacità di rispondere ai bisogni del vivere umano, attraverso soluzioni funzionali e concrete che sappiano guardare in prospettiva”.

– La foto dell’Arena Garibaldi è tratta da Wikipedia

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